Etichettato: eutanasia legale

Disobbedire. Per non disobbedire a sè stessi.

L'attrice e regista Sibilla Barbieri
L’attrice e regista Sibilla Barbieri

Avete visto i video, ascoltato i podcast.
Quando a Sibilla si rompe la voce, a me si rompe il cuore.

Lei parla di sè, in uno stato di salute terribile, e si commuove quando parla della sofferenza degli altri come fosse la propria: “Io posso, e gli altri come faranno?”.
Ha un tremolio nella voce, trattiene il fiato con i denti. A volte la sua commozione tracima, ma ha questo portamento regale e questi occhi che ti puntano al cuore. Azzurri come quelli di Pannella: anche quelli di Sibilla interrogano le nostre coscienze. E ce le pongono di fronte.

E’ la coscienza di Sibilla contro la legge ingiusta. E’ la nostra coscienza contro la legge irragionevole: l’azione primaria per affermare nuovi diritti. “Perché è giusto”, dice lei. E sembra una verità solenne, antica come la vita.

Se amate la Politica, ascoltate il suo appello alle istituzioni, poi bruciate tutti i giornali pieni di politichese. I destinatari dovrebbero rendersi degni dell’interlocuzione di cui Sibilla li ha onorati. Rendersi degni della sua fiducia. Gli stessi che pretendono continuamente di giudicare le vite altrui, il dolore altrui (“Io mi trovo molto a disagio sul fatto che abbiano giudicato il mio dolore”, dice). Ma non smetteranno. E quegli occhi azzurri li inchioderanno ancora.

Oggi sappiamo che Sibilla aveva pienamente diritto di scegliere sulla propria vita. Era chiaro anche ieri, e prima della sua morte. E’ morta invece in esilio, strappando al suo corpo l’ultimo sforzo, per quel volo, e per quell’ultima azione. La violenza delle istituzioni non è più solo nella colpevole indecisione legislativa, ma anche negli irresponsabili tempi per richieste che richiedono risposte immediate.

Voglio ringraziare Sibilla. Per la sua lotta Politica; per averci messo a disposizione il suo dolore e la sua malattia per essere spesa per i diritti di tutti; grazie di questa eredità.
Grazie a suo figlio; alla sua famiglia. Alle 50 persone (“associazione a delinquere o difensori del diritto”, come ipotizzato da Cappato) iscritte a Soccorso civile. Grazie a Filomena, a tutti i Marco coinvolti, commossi, silenti e dolenti.
Tutto questo non è gratis. I costi personali ed emotivi sono altissimi.
Dovremmo ricordarcene sempre.

Il senso di questa Politica

Marco Cappato a San Benedetto del Tronto per promuovere il referendum sull'eutanasia legale.
Marco Cappato a San Benedetto del Tronto per promuovere il referendum sull’eutanasia legale.

La signora in pantaloni gialli e la mascherina azzurra appare mentre allestiamo il gazebo. Si guarda intorno spaesata, quindi si allontana rimpicciolendosi ad un angolo opposto.

Poco dopo arriva Marco Cappato, caduto nella sua mise consolidata: gli orribili mocassini, la camicia stropicciata nei calzoni senza cinta. La capigliatura improponibile, il solito sorriso gigione e sincero. Unica novità: il leggero brizzolato che gli tinge le basette.
Marco è lui. Puntuale e mai retorico. Appassionato e appassionante. Le persone fanno capannello intorno alle sue parole. Lo ascoltano attente.

La signora dai pantaloni gialli si avvicina. Inizia a filmare. Filma tutto l’intervento. Poi, al termine, è la prima ad avvicinarsi a Marco. Lei gli dice qualcosa. Lui sorride. Poi ammutolisce, mentre lei ha ancora la sua mano nella sua. Pochi attimi ancora, forse un ringraziamento, e la signora se ne va.
Incrocio i suoi occhi: sopra la mascherina, sono rossi, umidi di emozione. E di dolore. Profondo. Contingente.

La seguo con lo sguardo. Mi dico che forse, di quel dolore, stasera, la signora dai pantaloni gialli, ha trovato il giusto riscatto. E un po’ di sollievo.

E nei suoi occhi, questa Politica, tutto il suo senso.

Marco e Mina: creatori di speranza.

Eutanasia, Marco Cappato e Mina Welby assolti anche in appello per il caso Trentini.
Eutanasia, Marco Cappato e Mina Welby assolti anche in appello per il caso Trentini

Li chiamiamo Marco e Mina perché sono tanta parte della nostra vita politica, e quindi privata.

Sono Mina e Marco nei post, nei messaggi, nelle email, nelle chiacchiere perché é intimo ciò che sentiamo profondamente condiviso: una storia e un metodo. Nemmeno tanto un obiettivo.

Sono Marco e Mina perché il primo ha mantenuto quella quota di pudore e di timidezza che gli permette di entrare nel cuore di ognuno; l’altra – invece – è il vulcano-trottola che porta il suo sorriso e la sua testimonianza dappertutto gli venga richiesta.

Sono Mina e Marco – nella loro indipendenza, nella loro responsabilità – perché sanno farsi strumento di lotta; sanno produrre speranza quando non ne abbiamo più.

Marco e Mina sono noi.

***

Da luglio si raccolgono le firme per il referendum sull’Eutanasia legale.
Info qui: https://referendum.eutanasialegale.it/

Liberi fino alla fine

Marco Cappato insieme a Marco Pannella
Marco Cappato insieme a Marco Pannella. Straordinaria foto di Lorenzo Ceva Valla

Marco stasera tornerà a casa e si farà un bel pianto.
Quello che trattiene a stento, con il microfono sotto al mento, quando stasera parla di Piero (lui dice Piero) Welby; quando ricorda che questa battaglia, iniziata 13 (t-r-e-d-i-c-i) anni fa, è stata fatta da decine di malati (e prova a snocciolarli sempre tutti) che hanno reso pubblica la propria condizione di sofferenza, dando corpo alla migliore Politica (il resto chiamatelo spartizione del potere) che io conosca.

E quando dice: “Chi aiuta un malato non dovrà più subire l’infamia della minaccia del carcere“.

E poi domani chiamerà, come promesso, Carmen, la mamma di Dj Fabo, e si congederà con un altro: “Ti bacio tanto”.
Il bacio del ringraziamento e della libertà.